Pound: il miglior fabbro

Non c'era nel mondo nessuno, da molti anni ormai, che più di lui meritasse il titolo datogli da Eliot mezzo secolo fa di «miglior fabbro». Miglior fabbro del parlar materno, l'aveva chiamato Eliot, ma nemmeno nelle altre lingue c'era nulla di paragonabile; accanto a lui, poeti pressoché da favola come Kavafis apparivano secondi, in quell'Empireo che si spopola. Quegli immobili svedesi che danno come martellate a casaccio ogni anno un Premio Nobel, non si erano persi l'occasione di eluderlo; con quella seriosità da sepolti sotto un iceberg che li rende non proprio commoventi ma comunque quasi meritevoli di un'uscita o gita alla realtà del mondo almeno per Natale e Pasqua, lo stavano eludendo dal 1920. È vero che alla sclerosi per cause ambientali di lavoro si può concedere un ritardo all'informazione forse di vent'anni, e siamo già generosi, ma un ritardo di più di cinquant'anni nel premiare o, meglio detto, nel non premiare il più grande poeta dei suoi tempi, ha qualcosa di talmente non casuale che alla fine sorge il dubbio che il loro scopo non sia quello di premiare l'opera, ma gli occhiali, l'automobile o le amicizie del poeta.

Il fascino e l'originalità tecnica della poesia di Pound non sono mai stati messi in dubbio; semmai qualcuno dubitava, e ora si capisce quanto ingiustamente, della personalità a cui quel fascino veniva collegata. Con lo stesso criterio Neruda sarebbe un poeta abominevole – di lui si potrebbe comporre facilmente un'antologia di Poesie Infami – e Gottfried Benn un buono a nulla. Certo non significa nulla, che non si sapesse già, il fatto che un poeta non sia in grado di prendere atto dei più semplici avvenimenti storici; molto di più conta il fatto che sia stato chiamato da tutti i suoi contemporanei, o quasi, «maestro di color che sanno». Pound era soprattutto questo, un maestro. Un grande maestro che insegnava tre lezioni per noi allora assai più urgenti della perfezione formale: come liberarsi dagli accademismi, come muoversi con la massima agilità nell'ambito del verso, come trattare poeticamente qualunque argomento.

Queste lezioni si trovano implicite nelle raccolte di A lume spento e di Persone, nelle traduzioni di Properzio, nei primi Cantos. Nella capricciosa traduzione o piuttosto imitazione di Properzio, forse l'opera più stupenda della poesia di Pound. con i suoi sbagli di latino risolti come solo può farlo un creatore, la sua arte si rivoltava contro la traduzione da copisteria e ci ricordava che tradurre è un altro modo di inventare e che nessuno può vivere in un tempo che non è il suo (e incidentalmente, che anche gli errori di un traduttore vanno rispettati). Questa arte sua fu per molti anni la sola introduzione autorevole alla poesia del novecento, la sola scuola pratica che insegnasse a rompere autorevolmente il decadentismo per ricomporre, con gli stessi pezzi, il mosaico talvolta luminoso della poesia moderna. In questo era stato preceduto, come in quegli anni in tutto si era preceduti, dai francesi. Nel caso di Mallarmé la ricomposizione aveva prodotto creazioni così diverse come quelle di Valéry e di Supervielle; nel caso di Pound, vi si riconoscono Thomas Stearns Eliot e un centinaio di altri poeti particolarmente famosi.

Ai giovani di adesso, ai giovani di qui, riesce difficile concepire che tutto questo l'abbia potuto fare nelle ampie grotte ormai confuse e crollate della metropolitana del tempo, che si chiude a mano a mano che avanza, un uomo che una settimana fa era ancora vivo. Tutti i suoi discepoli, alcuni più anziani di lui, come James Joyce e Robert Frost, sono morti, e i discepoli dei suoi discepoli siamo tutti, quindi nessuno. Il che non ha molta importanza: chiunque può interessarsi alle diramazioni laterali della poesia, questo non le rende meno laterali, e se inesistenti, meno inesistenti. In realtà la presenza prodigiosa di Pound, come lievito attivo della cultura occidentale, comincia ad attenuarsi negli anni stessi in cui questo poeta modesto e gentile, inseguendo miraggi non più folli di quelli di Blake, si accosta al regime detto fascista, che gli offre almeno, supponiamo, l'assoluta impossibilità di riempire le strade di automobili, le case di aggeggi confortevoli, i piatti di bistecche e la vita di varietà, tenace ideale di astinenza che oggi è pennone e meta dello stesso partito ma a sinistra.

Era un uomo – tra tante altre qualità che non si troveranno mai più insieme – molto cortese. Nel 1942 avevo pubblicato, in una rivista da me diretta, una traduzione della sua lirica «La primavera». Verso il 1946, mi pare, sapendolo ricoverato per forza nella clinica Saint Elizabeth, un luogo forse piacevole e tranquillo ma quasi sempre chiuso, per quanto aperto al sole e alle nuvole, gli inviai questa mia rivista con la traduzione, per fargli piacere o per farmi piacere. Mi rispose subito: poche parole, per dirmi che avevo migliorato di molto l'originale. Riporto la traduzione suddetta:
La primavera Cidonia col suo corteo
ninfe del bosco e dell'acqua
sotto un vento tumultuoso di Tracia
giunta a questo luogo silvestre
stende le dita lucide,
e ogni vite è rivestita
di nuovi splendori. E il dissennato desiderio
come un fulmine nero cade.
O cuore attonito,
per quanto ogni ramo riabbia quel che l'anno scorso perse,
lei, che passava qui tra i ciclamini
passa soltanto adesso come una tenue ombra sospesa.

 

Difatti Pound non conosceva le lingue come avrebbe voluto. Il libro dei Cantos, pubblicato con la traduzione italiana accanto, è una fonte di sorprese. È l'unico libro noto di questo tipo, cioè con il testo originale e accanto la traduzione, nel quale gli errori di traduzione appaiono non tanto nella traduzione quanto nell'originale; e questo perché nella stesura di molti dei suoi Cantos, Pound si è servito di lettere e documenti in gran parte italiani, del trecento, quattrocento e cinquecento; i quali testi erano stati da lui tradotti in inglese, di solito in versi, ma che ora, rintracciati dalla traduttrice e messi e confronto con il testo inglese, ci dimostrano fino e che punto il poeta traducesse arbitrariamente. Insomma, fino a che punto non dominasse l'italiano. In una sola lettera del Carpaccio ci sono due errori: un prete vestito «de griso beretino» è diventato un prete con un berrettino grigio; e «Primo Signor mio illustre», tradotto come «In primo luogo, mio signore illustre». Lo stesso con un testo che riguarda il Tiziano: «Impedisce l'ornamento de la dita Sala da quella parte, come da ognuno se pò veder». è stato reso da Pound come: «impedisce l'ornamento... della parte che tutti vedono». Pound stesso difendeva esplicitamente l'arbitrio nella traduzione.

Un poeta non si può tradurre; questo per principio, ma qualcosa si può fare per agevolare la conoscenza della sua arte. Il che, a quanto mi risulta, non è stato sempre fatto con Pound in Italia. Della copia italiana dei Cantos, trascrivo un brano com'è stato tradotto, o modificato (e chiedo scusa al lettore per la trascrizione, che nessun merito redime, tranne quello dell'accorciamento):

Mentre dormivo è cresciuta la rosa,
di musica fremon le corde,
capripede, pesta sparsi rami,
noi qui sul colle tra gli ulivi,
dove un uomo può portare il remo
con la barca in cala;
ivi giacemmo in autunno
sotto l'arazzo, o muro affrescato tale,
sopra un roseto,
suoni salivan dai crocicchi;
ivi alla finestra fermi a rimirar la via.

Laddove il brano in questione dice così:

E la rosa spuntata mentre dormivo,
e le corde mosse dalla melodia,
capripede, pesta i fuscelli sparsi;
noi qui sul colle, tra gli ulivi
dove è permesso di appoggiare il remo,
e laggiù la barca, nella cala;
così ci sdraiammo in autunno
sotto l'arazzo, o muro dipinto come arazzo,
e più in alto come un giardino di rose,
rumore che saliva dal crocevia;
così ci fermammo
a guardare la strada dalla finestra.

Che l'uomo si dimeni follemente o rimanga seduto in una poltrona, il risultato sarà alla fine sempre lo stesso: la sua vita sembrerà un sogno, come un sogno trascorsa, come un sogno dimenticata. Giudicare una vita è dunque giudicare un sogno; e chi ha voluto giudicare la vita di Ezra Pound diventa inconsapevolmente una delle figure del suo sogno. Nel quale tutte le epoche e i luoghi si confondono: il Medioevo, gli Stati Uniti, l'Impero Romano, la Cina.

© 2023 J. Rodolfo Wilcock - Tutti i diritti sono riservati.

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