Il territorio che alcuni chiamano la Mezzaluna Fertile, ossia la regione che si stende tra il golfo persiano e il Mediterraneo palestinese, era stato già invaso diverse volte, dai popoli che sfuggivano i deserti, i semiti del Sud. Per primi erano arrivati gli accadi e i babilonesi; mille anni dopo, gli amoriti, tra cui i cananei; mille anni dopo ancora, gli aramei, e con loro gli ebrei.
I cananei che non avevano voluto accettare gli invasori se ne erano andati verso il mare, e dai greci furono chiamati fenici. Le più importanti città fenicie, Tiro, Sidone, Acri, Beirut, sono state troppe volte distrutte e rioccupate per poter conservare chiare tracce della civiltà cananea. Soltanto Ugarit rimaneva nascosta e abbandonata, sotto il monticello di Ras Shamra; non molti anni fa venne ritrovata, e con essa alcuni saggi della letteratura cananea, scritti in caratteri cuneiformi. Questi testi sono stati in gran parte decifrati, e se da un canto servono a riempire in qualche modo l'abisso che da sempre separava Omero dalla Bibbia, cioè la cultura minoica o minoana da quella ebraica, dall'altro canto ci offrono pure qualche luce sulle complesse origini di Jahveh.
Tra i testi ugaritici più noti, è la Leggenda di re Keret, o Kret. Questo Kret (da osservare la similitudine col nome stesso dell'isola di Creta), uno dei primi re di Sidone, è nel poema un personaggio che ha avuto la sventura di perdere tutta la sua famiglia: fratelli, moglie e figli (come Giobbe). Dei figli, la terza parte è morta in buona salute, e una quarta parte di malattia; un quinto di questi figli è morto per via della peste; un sesto, vittima di una disgrazia non meglio specificata, e il settimo rimanente è morto in combattimento (da osservare che la somma aritmetica di queste frazioni, come peraltro accade con alcune statistiche contemporanee, non rende l'unità).
Il re colpito invoca El, divinità principale di Ugarit: «Entra nella sua camera e grida / ripetendo parole piange / le sue lacrime cadono come monete a terra / come monetine sul letto. / Mentre piange si addormenta / mentre piange il sonno lo prende. / Sì, ormai giace in un sonno profondo. / E a un tratto si sorprende! / Perché nel suo sogno El discende, / nella sua visione il Padre dell'Uomo / si avvicina e domanda a Kret: / Chi è Kret per mettersi a piangere, / il Buono, il Ragazzo di El, per mettersi a piangere?».
Il dio spiega a Kret i riti che deve compiere per ottenere l'aiuto di Baal, figlio di El. Poi, dovrà marciare con un grande esercito verso la città di Udum, il cui re Pabel o Pebel è padre di una bella giovane chiamata Hurrai o Hurriva. Kret sposerà Hurrai e avrà molti altri figli; prima però dovrà dare assedio a Udum; al settimo giorno, Pabel gli spedirà due messaggeri carichi di oro e d'argento, per indurlo a levare l'assedio. Ma invece dell'oro, Kret deve chiedere la figlia del re, e dire: «A che mi serve l'argento e l'oro giallo / una frazione dei tuoi beni / qualche schiavo eterno / tre cavalli e una biga / dalle stalle del figlio di una serva? / No, mi darete ciò che non ho in casa. / Datemi la signora Hurrai / la bene educata, la tua primogenita / il cui incanto è come l'incanto di Anath / la cui bellezza è come la bellezza di Astarte».
Kret si sveglia, ubbidisce al dio, e rapidamente entra in possesso della bella Hurrai. Il dio benedice le nozze: «El prende una coppa nella mano / alza un bicchiere nella mano destra. / La moglie che prendi, Kret, / la moglie che ti porti a casa / la ragazza che porti nel tuo palazzo / ti darà sette figli / e infine un'ottava figlia, Ottavia».
Cyrus Gordon afferma di scorgere in questo poema una prima versione della leggenda di Elena e Menelao, e allo stesso tempo accenni alla storia non meno regale di Sara e Abramo, di cui è detto nella Bibbia: «E re usciranno di te». Due volte Sara viene rapita, prima dal Faraone, poi dal re filisteo Abimelecco; Abramo però se la riprende. Ogni confronto tra la letteratura ugaritica e i testi sacri ebraici rivela subito notevoli similitudini di linguaggio, di stile e di contenuto ideologico.
Sia gli ebrei che gli ugaratici adoperano continuamente nei loro scritti la descrizione parallela o antitetica; per esempio: «I cieli fanno piovere dell'olio – i torrenti si riempiono di miele». Le due letterature parlano in termini quasi identici del mostro Leviatano, ucciso nel primo caso dal dio Baal, nel secondo da Jahveh. Nella versione ugaritica però il mostro ha sette teste. I riti cananei e i sacrifici recano spesso la stessa denominazione ebraica: l'Offerta di Pace, l'Offerta Senza Macchia, il Pane degli Dei; i testi ripetono anche intere espressioni, come «La rugiada del cielo e il grasso della terra», «Colui che cavalca sulle nuvole», «So che il figlio di Baal vive...».
Inoltre ci sono riferimenti a un Sancta Sanctorum nel Tempio; a un eroe popolare chiamato Daniele che «decide le cause delle vedove e giudica i casi degli orfani»; a Baal, figlio di Dio (Ben-Elm) il quale viene ucciso e poi risorge. È abbastanza probabile che gran parte delle credenze religiose dei cananei abbiano contribuito a integrare la susseguente religione ebraica.
Sembra inoltre che ai tempi dell'invasione la religione dei cananei, dapprima politeistica, stesse diventando sempre più monoteistica, per accentrarsi nelle figure di El e di suo figlio Baal. In un bassorilievo di Ras Shamra, El è rappresentato come un anziano signore dalla barba lunga, seduto sul trono; egli è chiamato "Padre degli Anni" (l'Anziano degli Anni, di Daniele). El, e i suoi derivati, sono i primi nomi con cui Dio appare nella Bibbia: Elohim (plurale: non gli dei, ma Dio plurale) e più avanti Eli, Eli.